I° GRAN PREMIO DEL COLLEZIONISTA
Il successo della gara assicurato dalla partecipazione degli Assi delle Case maggiori - Le operazioni di punzonatura al Palazzo Duca d'Aosta
La grande disputa per la prima corsa a squadre del gran premio del collezionista si è iniziata nella grande pista del palazzo Duca d'Aosta in Cortina, alla presenza di numerosi appassionati e di tifosi convenuti da ogni regione d'Italia per assistere alla vittoria dei propri beniamini.
Dopo il Gran premio di Cremona dove i fondisti dell'ottonovecento sembravano notare un lieve vantaggio sui «sprinter» novecentisti del gran premio di Bergamo, quest'ultimi guidati dai metafisici Carrà, De Chirico, e dai grandi cooridori Morandi, Tosi, Semeghini, Casorati, De Pisis ed altri ottimi elementi dallo stile inconfondibile come Campigli, Funi, Sironi, ecc, davano l'assalto alle gradni riunioni, come le mostre di Milano, Torino, Genova, ecc: imponendosi nettamente per la buona forma dimostrata.
Il Premio Cortina viene dunque a proposito per decidere quale dei due formidabili metodi di corsa sia il più redditizio. Il regolamento della gara come abbiamo già annunciato allinea case e corridori insieme – si prevede l'arrivo finale e la premiazione dei vincitori per la fine di Agosto.
I corridori e i dirigenti delle case in lizza sono da vari giorni a Cortina; andiamo ad assistere alla punzonatura e alla qualifica dei concorrenti al Palazzo Duca d'Aosta – Andrea Pais, segretario della mostra e capo ufficio stampa, campeggia nel mezzo dei corridori calmo olimpico – ha un telefono agganciato all'orecchio destro – con il sinistro ascolta paziente i desiderata delle case – fissa i numeri sulle spalle dei corridori – impartisce ordini, scrive a macchina, dirama inviti, e comunicati stampa – compila il catalogo; e con Angelo Apollonio finisce per aver ragione del tempo ristretto nella minuta e precisa organizzazione. La sua opera calma e febbrile merita un doppio sorgere del sole, una dozzina di croci al lavoro e la sirena di Usellini.
I commissari Forlati, Bertocchi, Pallucchini e Moschini si danno un gran da fare a esaminare le liste dei concorrenti presentate dalle case. I dilettanti non possono concorrere e vengono rapidamente squalificati. I commissari sono inflessibili anche con certi corridori che hanno ben presenziato ad altre gare ma che non possono ancora aspirare alla partecipazione a questa classica prova di fondo, vediamo Bertocchi stabilire il primato delle espulsioni alla gara. I capitai delle case si oppongono e presentano reclami appoggiati dal curriculum vitae dei loro corridori, nulla da fare, una selezione inesorabile si compie e restano in gara solo gli assi più degni di aspirare al gran premio.
Ci rechiamo alla partenza – i corridori e i titolari delle case giungono alla spicicolata – Giorgio De Chirico è giunto a cavallo di un purosangue pezzato con la coda che sembra una sottana con lo strascico. Sembra comandare il plotone dei concorrenti seguito da alcuni manichini di sua squisia fabbricazione, e della Signora Astaldi che punta con tenerezza sul suo beniamino. Carlo Carrà si fa largo tra la folla plaudente – porta come un collare onorifico compassi e ordigni geometrici e gira al largo tra magistrali marine e paesaggi – tutte le buone cose lo hanno scritturato.
Arturo Tosi da buon grossista di frutta e verdura offre ai commissari certe fette di anguria e meloni da far venire l'acquolina in bocca – quando il commissario Bertocchi si accorge che sono dipinte, il gioco è fatto e Tosi viene portato in trionfo dalla folla per lo scherzo ben combinato.
Giorgio Morandi arriva con un carrettino a mano gridando: Compro e vendo bottiglie. Ne ha un cesto di tutte le foggie, insieme a barattoli di antica farmacia, e lumi a petrolio.
Arturo Martini e Manzù si presentano a braccetto. E' mai possibile? I due grandi assi corrono insieme per le stesse case? La folla scoppia in un lungo applauso.
Filippo De Pisis, ecco De Pisis, il grande Pippo, l'uomo del giorno, il più veloce del gruppo, lo serminatore di tele e cartoni, l'uomo più ritrattato di Greta Garbo – fa tre volatine al giorno – avanza sulle rotelle si fa largo tra la folla a fianco di Mario Rimoldi il capo squadra cortinese, difenderà i suoi colori.
Semeghini il grande e pio corridore di gran classe uno degli assi più temibili del gruppo; il totalizzatore lo da alla pari. Ha vinto tanti premi e si è piazzato tra i primi. Vediamo Usellini con una sirena in braccio – sembra portarla al mercato del pesce.
Ardengo Soffici lo spadin sguaina e scaglia scomuniche contro i corridori francesi assenti.
Rosai gioca a morra con alcuni amici ubbriachi a un tavolo d'osteria toscana in attesa della partenza.
Casorati che tanta invidia ci fece per le sue conoscenti «Sorelle Pontorno» tanto ricercate in villeggiatura ha l'aria disinvolta del veterano che sa il fatto suo. Avanza inosservato Juti Ravenna, è piccolo, piccolo coperto da un ramoscello di edera. Lo accompagna Gizeta il titolare di una casa sul nascere.
Campigli è giunto seguito da un codazzo di villeggianti etrusche e caldee dai cappellini di paglia di Firenze. Fa grande impressione.
Mafai si fa largo tra il lusco e il brusco con nobile incedere romano.
Così via via, passano incitati dai dirigenti delle case, Birolli, Pirandello, Gottuso, Gonzato, Menzio Cantatore, Marino Marini, Messina, Maccari, Bernasconi, Tornea, Sassu, Sironi e Cesetti che sonduce ai pingui pascoli maremmani le sue mandrie. Alle undici precise viene dato il via.
La grande pista del palazzo Duca d'Aosta è rigurgitante di pubblico. Chi vincerà? Dopo quindici giorni di lotta il gruppo è ancora compatto. La lotta è appassionante e il pubblico grida e incita i propri beniamini, al momento di chiudere queste note, è in testa Mario Rimoldi – De Pisis seguiti a ruota da Cardazzo e Della Ragione.
UNA ESPOSIZIONE SINGOLARE
Collezionisti d'Arte Moderna riuniti a Cortina d'Ampezzo
C'è ancora qualcuno che in Italia dubita della validità dell'arte moderna?
Anche noi ne conosciamo qualcuno, e sono quei tipi di perpetui insoddisfatti e diffidenti che guardano la vita accidentalmente e temono perfino il profumo dei fiori, che potrebbe dare il mal di testa. Di fronte ai quadri e alle statue che gli artisti più vivi portano avanti come consolazione e un atto di fede questa gente rimane sempre refrattaria o dissenziente: ha paura della vita. E ne conosciamo dell'altra che è avversa alle opere degli artisti nuovi soltanto perché queste non sono uguali – non hanno cioè òa stessa educazione culturale – a quelle che hanno già in casa abbandonatevi da una o più generazioni. Un insegnamento utile e vivo per tutti questi reazionari esce dalla Mostra del Collezionista, che sotto l'egida dell'Educazione Nazionale si è aperta a Cortina. Questa è una manifestazione che vorremmo dire ancora più incoraggiante che educativa. Più di cinquecento opere sceltissime danno il tono alla mostra che non è soltanto una grande rassegna d'arte italiana moderna, ma un bilancio di cultura nazionale.
I nostri lettori, che già conoscono la X Sindacale aperta da pochi giorni a Trento e che vi hanno già visto, accanto alle opere madate dagli artisti le altre di proprietà privata che rappresentano le collezioni locali di Branzi, Bacchi e Pilati, sanno ormai che lo sguardo può essere portato anche su questo sguardo visuale. A Cortina, appunto, l'anno scorso, si ebbe già una di queste prime originali mostre, con la Collezione Rimoldi, e poi altre, in questi ultimi tempi, si son fatte, sempre di raccolte private, a Roma, a Milano, Genova e Torino. La Mostra di Cortina di quest'anno è l'adunata generale delle raccolte italiane d'arte moderna, con rappresentanze d'ogni città: Genova (con le raccolte Della Ragione, Libero, Suppo), Venezia (con le raccolte Comisso e Zamberlan), Trento (con la raccolta Marcello Pilati), Torino (con la raccolta Mistrangelo), Busto Arsizio (con la raccolta Noferini), Livorno (con la raccolta Voltolini), Milano (con la raccolta Bianchi), Lerici (con la raccolta Carozzi), Brescia (con la raccolta Ronchi), e naturalmente Cortina (con quattro raccolte: della Contessa Murari Della Corte, Bra, di Sisto Colle, di Mario Giacobbi e di Mario Rimoldi). Diciotto collezioni non sono certo che una rappresentanza simbolica del collezionismo italiano: ma documentano, intanto, fuori d'ogni equivoco, che un gusto è nato in Italia tra i collezionisti di quadri, un gusto di cui soltanto pochi anni or sono nessuno avrebbe sperato così rapido l'avvento, un gusto decisamente convinto delle correnti più moderne dell'arte. Il mercato che pareva dover essere sempre una specie di gioco furbo tra mercanti finti esperti e raccoglitori di pezzi di speculazione si è, prima di tutto, moralizzato: l'artista è venuto in contatto diretto col raccoglitore; e il raccoglitore, che si è trovato così nella possibilità di poter convincersi della serietà delle ricerche e delle scoperte degli artisti, si è lasciato prendere dalla stessa fede. Oggi in tutta Italia c'è gente che crede al valore e alle sorti dell'arte moderna e non sono più i pittori e gli scultori, né sono soltanto i mercanti interessati che guadagnano sulle vendite le percentuali e il sovrapprezzo: quelli che oggi credono alle sorti dell'arte nuova sono proprio quelli che in queste opere impegnano i propri denari, comperando: e siano pur poche o molte le cifre impegnate, non ha importanza. Quello che importa è che ci sia gente che queste opere se le porta a casa senza scandalo, e lì sia pronta a difendervi un Garbari o un Carrà contro il sorriso di chiunque. E' una nuova generazione, questa, che conta e pesa finalmente sulla bilancia della nuova cultura italiana.
La Mostra di Cortina avrebbe, forse, anche potuto essere più documentara di questo nuovo spirito, più decisamente indicativa della nuova volontà della cultura italiana, se fosse stata un po' più precisa nei suoi termini critici. (...) acuti intenditori d'arte moderna - ha dovuto anch'essa lavorare tra ostacoli e posizioni difficili.
Questo genere di mostre riservano sempre delle sorprese, e hanno naturalmente i loro limiti. A volte il nome dell'artista non è che un biglietto da visita: ma a volte l'artista ci viene avanti in un modo nuovo e inaspettato.
Spesso il collezionista non si è voluto assicurare il «pezzo» famoso – e a Cortina ce n'è anche di questi, ormai solenni, indispensabili alla giusta monografia dell'artista, ma invece nelle sue cordiali visite allo studio, si è potuto portar via dei segni che nessuno ancora conosce, degli accenti rapidi in cui l'autore ha intravvisto nuove possibilità di espressione, una nuova via che è stata poi magari subito abbandonata. Note inattese, inquiete, segni di una ricchezza interiore in cui pittori e scultori si svelano come una seconda volta ve ne sono più d'una in questa raccolta di collezionisti. I quali sarebbero, anche loro, degli interessanti argomenti di discorso: hanno anch'essi, ormai, la loro vita portata su piani inaspettati, come sdoppiata dalle occupazioni che prima soltanto la occupavano, ora incisa di curiosità, spinta da un senso di fede, spesso allietata da momenti pieni e felici. E non è soltanto la felicità di ogni raccoglitore al momento che riesce a portarsi a casa l'oggetto del suo desiderio: è qualche cosa di più di questa contentezza maniaca ed egoista. Il raccolgitore partecipa della gioia della vita degli artisti: li segue nelle loro ricerche, sente di poterli, in qualche modo, ricompensare del risultato dei loro sforzi. Vi sono alcuni che lavorano ogni giorno ad una professione ordinata e metodica, medici, avvocati, impiegati ed hanno sistemato la loro giornata in modo da avere un po' di tempo libero per visitare le gallerie e le mostre d'arte, o per salire allo studio del loro giovane amico. Ve ne sono di quelli che a fine mese mettono via una percentuale fissa sul loro stipendio per gli acquisti di quadri e altri che hanno stabilito la percentuale su ogni loro fattura. Ve ne sono anche di metodici che si lasciano prendere dalla passione e il giorno che arrivano davanti al quadro che vogliono assolutamente avere, sono pronti a qualunque sacrificio.
Se diciamo queste cose non lo diciamo per fare del pittoresco sui collezionisti: questo nuovo fenomeno dei grandi amici che l'arte moderna ha saputo guadagnarsi è un fenomeno di profonda intimità spirituale e di una sicura convinzione. La cultura artistica di un paese si giudica anche dal livello di gusto e dalla scoperta fede dei suoi raccoglitori: anche in questo la cultura italiana d'oggi sta mettendo giustamente in linea i suoi costruttivi valori.
La Mostra del collezionista a Cortina
CORTINA, 11 agosto
La prima mostra delle collezioni d'arte contemporanea s'è aperta domenica a Cortina nel palazzo «Duca d'Aosta» organizzata, com'è noto, sotto gli auspici del Ministero dell'Educazione Nazionale.
L'interesse, l'incoraggiamento, l'appoggio dello Stato al privato cittadino di superiore sensibilità che si fa raccoglitore d'arte moderna entra nel vasto quadro di iniziative e di provvidenze governative nel campo delle arti in genere; provvidenze studiate e poste in atto con particolare amore dall'Eccellenza Bottai; il quale – come molti ricorderanno – nell'esprimere in un'intervista la sua soddisfazione per i chiari segni, ognora crescenti, d'una vera e propria rinascita del collezionismo italiano, ha ben sottolineato quale importanza vada assumendo, nella vita e nello sviluppo dell'arte contemporanea, l'opera del raccoglitore aggiornato e intelligente. Questi, il Ministro saggiamente vuole considerare come «collaboratore dello Stato», come aiuto prezioso per una sempre maggiore elevazione culturale e artistica della Nazione.
Tempo fa, su queste colonne, dissertammo un poco sul mecenatismo antico e sulla metamorfosi subita, nel lungo volger degli anni, dall'accezione corrente della parola «mecenate». La gran parola – dicemmo – nel buon senso antico, è caduta in disuso, e sulle ragioni di questa caduta ci sembra inutile arzigogolare ancora. Vero è (l'odierna manifestazione ce ne dà una piena conferma) che il vetusto vocabolo sta risorgendo, o meglio viene sostituito da quello di «collezionista»; siamo alle soglie del momento del raccoglitore privato e le lodi che ora gli si vanno prodigando («condottiero del gusto pubblico», «redentore del mercato», ecc.) sono, dobbiamo convenirne, in grandissima parte meritate. L'attuale interessante mostra di Cortina – che è la prima non solo in Italia ma in Europa – ci suggerisce qualche considerazione. La mostra è del collezionista, la gara è fra i collezionisti; qui non si giudica il pittore o lo scultore (incontriamo in queste sale quasi tutti nomi celebri o almeno notissimi) bensì l'intelligenza, l'intuizione, il fiuto del raccoglitore nel formare la sua galleria.
Non comprendiamo perchè debba esserci una commissione giudicatrice che scarta le opere che non ritiene degne, tendendo così fatalmente ad uniformare al proprio usto il complesso della manifestazione e rendendo meno percettibile proprio il fatto che maggiormente interessa: la differenza di tendenza, di gusto, di facoltà critica fra collezionista e collezionista. Perchè non s'invita il raccoglitore con un dato numero di opere (secondo l'importanza della sua raccolta) lasciando a lui solamente a lui (che in fondo ne ha il diritto perchè è il vero espositore) la responsabilità della scelta? Comunque ci affrettiamo ad aggiungere che le nostre considerazioni personali non intendono menomare neanche un poco l'importanza della manifestazione, ch'è il primo esperimento del genree e che varrà anche a suggerire gli opportuni perfezionamenti per il domani.
Alla prima occhiata, la sala Cardazzo ci appare la più unitaria, quella che mostra il miglior livello di coerenza e stile. Cardazzo lo sappiamo bene, avrebbe potuto inviare un numero grande di opere; ha preferito limitarsi a trentuna - due per artista - e formare un solo ambiente di assoluta armonia. Se tutti avessero fatto come lui, la mostra avrebe guadagnato molto. Fra queste scelte opere spiccano «L'ultimo bagnante» di Carrà, il «Ritratto di giovane» di Cesetti, il «Cavallino» di Marini, «Roma vista dal Gianicolo» di Mafai, il «Cavallino» di Scipione, i «Violini» di Campigli; ma non possiamo nominare quanti vorremmo per non tradire i nostri doveri sullo spazio.
Pure importantissima è la collezione di Della Ragione di Genova, con quasi un centinaio di pezzi fra pitture, sculture e bianconeri. Un piccolo gioiello della raccolta che sembra «Case in demolizione» di Mafai. Fra gli artisti meglio rappresentati notiamo Tosi, Campigli, Scipione, Semeghini, con tre opere ciascuno, Rosai con diverse tele, Marino con un cavallino e vari disegni. Fanno la loro apparizione i giovani Martina, Gottuso e Birolli.
Anche Rimoldi di Cortina (che fu l'ideatore e l'iniziatore di queste manifestazioni) presenta un cospicuo numero di artisti di fama; un'intera sala di De Pisis, in cui proprio si vede come questo artista sia tanto più importante quanto più dipinge e approfondisce; il che non avviene in tutte le sue tele. Ed ecco ancora alcuni buoni Semeghini, fra cui una bella «Venezia con la neve», e Sironi, Morandi, Gino Rossi, Ravenna, Potenza, Pettenello e Dante Morozzi.
Maria L. Astaldi ci mostra una nutrita natura morta di Carena, De Chirico con otto dipinti e due sculture, Primo Costi, Radice.
Comisso si polarizza su De Pisis e Zamberlan su Morandi, Ravenna e ancora su De Pisis. Vallecchi ha ottimamente scelto i suoi quattro Rosai, e i «covoni» di Soffici. Libero di Genova ha di notevole un bel ritratto muliebre di Sironi e opere di Pirandello e di Marussig.
Suppo, pure di Genova, nella settantina di opere presentate, accanto ai soliti artisti oggi in maggior voga che non staremo più a ripetere, avanza anche alcuni giovani: Tomea, Sassu, Santomaso, Migneco (che mi fa sempre pensare a Van Gogh). Fra i bianconeristi vediamo Viviani e Bartolini.
Incontriamo delle ottime figure di Semeghini nella parete di Giacobbi, e interessanti tele di Casorati e Carena in quelle di Matrangelo. E così terminiamo la nostra corsa nelle venti e più sale della mostra ricordando i collezionisti Pilati, Muraru, Ferrero, Della Corte Brà, Noferini, Carozzi, Bianchi, Voltolini, Ronchi, Colle. Nè a questo punto possiamo dimenticare qualche grande collezionista assente: Feroldi, Valdameri, Bergamini, Marmont.
Per concludere va data lode agli organizzatori per il loro proficuo lavoro di allestimento, forzatamente un po' affrettato; al camerata Pais segretario della mostra e ai componenti la commissione Bertocchi, Forlati, Moschini, Pallucchini; la quale (ammesso il principio della giuria che nel caso attuale non condividiamo) doveva essere almeno più severa.
L'esperienza odierna darà certamente nuovi e più maturi frutti: l'idea di render pubbliche le benemerenze per l'arte di tanti intelligenti cittadini recherà risultati fecondi: i collezionisti avranno così – in un certo senso come gli artisti – il loro giudizio pubblico, scenderanno periodicamente in nobile lizza colle loro capacità di gusto; vedremo meglio allora quanti di essi procedano con criteri propri e quanti tendano invece ad accordarsi ai dettami della moda e dei critici canonizzati.
I migliori artisti italiani alla I° Mostra del collezionista
CORTINA, gennaio
Quest'anno la gente che si reca a Cortina ha dunque la grata sorpresa di trovare, tra le altre attrattive, una bella rassegna d'arte italiana contemporanea, una delle migliori che si siano organizzate in Italia negli ultimi anni.
Vera e propria sorpresa perchè è la prima volta che l'arte contemporanea, così malamente bistrattata dalla grossa critica e dal grosso pubblico, osa lasciare le sue roccheforti cittadine per la provincia mettendosi in contatto immediato con ogni specie di pubblico, quel pubblico, anzi, che sembra negato ai misteri dell'arte e che si trova a suo miglior ago su una buona e veloce pista di discesa.
Vale la pena di spiegare come sia andata questa faccenda dell'«emigrazione in alta montagna» dell'arte italiana contemporanea, rappresentata dai suoi migliori esponenti: De Pisis, de Chirico, Carrà, Tosi, Semeghini, Casorati, Morandi, Bartolini, Soffici, Carena, Rosai, Sironi, Rossi, Guidi, Ravenna, Springolo, Tomea, Campigli, Martini, Morozzi.
E' andata così: c'era a Cortina un modesto e silenzioso raccoglitore d'arte che già da anni andava pazientemente raccogliendo, con seno d'intelligente e sicuro gusto, la migliore documentazione artistica del nostro tempo così da mettere insieme un complesso di circa cinquecento opere di autori viventi senza contare tutta l'altra produzione retrospettiva che è press'o poco della stessa entità numerica. Tutta questa grazia di Dio che Mario Rimoldi, il collezionista, andava man mano accumulando, non aveva a Cortina un ambiente adatto per essere convenientemente ospitato e finiva alla rinfusa qua e là, nei corridoi , nei sottoscala, negli uffici dello stesso Rimoldi. Ma, nonostante questa sistemazione di fortuna, fra tanta gente che passa per Cortina ci fu qualcuno che scoperse l'eccentrica pinacoteca e cominciò a parlarne: comparve nei giornali e nelle riviste qualche articolo, il Ministro Bottai mandò a Cortina un suo funzionario a vedere di che cosa si trattasse e a poco a poco la «gallera Rimoldi» divenne una delle maggiori curiosità cortinesi e si trovò che, fra tanto sciare e fra tante attrattive dell pittoresca natura e della sapiente atterzzatura ospitale, un po' d'arte non guastava. E lo stesso Rimoldi, che ha per la sua natale Cortina una legittima adorazione, accortosi di questa incipiente simpatia per la sua raccolta, metteva a disposizione la sua grande collezione per una valorizzazione di ordine spettacolare. Valeva la pena di raccogliere questa generosa offerta ed infatti l'Ufficio stampa locale, in collaborazione cone il Comune e l'Azienda e con l'incoraggiamento dello stesso Ministro Bottai, allestiva nel giro di poche settimane un ambiente adatto nel centro di Cortina; selezionava con il consiglio di noti esperti d'arte (Forlati e Argan) il fior fiore della collezione e dava vita così alla Prima mostra del collezionista, raggiungendo questi risultati non disprezzabili: di rendere un buon servizio alla moderna arte italiana, presentandone i saggi più significativi al pubblico italiano e straniero che si avvicenda in Cortina d'Ampezzo e contribuendo così alla sua divulgazione e alla sua affermazione; di dare allo stesso tempo una giusta soddisfazione al collezionista, tratto fuori dal suo guscio e segnalato nelle sue benemerenze di amico dell'arte e degli artisti; di arricchire Cortina, dove sembrava che non ci fosse posto che per la cultura fisioterapica e mondana di una manifestazione a carattere culturale e spirituale; di iniziare infine in questo stesso centro, la serie di mostre d'arte collegate all'istituendo «Premio del collezionista», secondo lo stesso desiderio del ministro Bottai.
Sono presenti alla mostra cortinese ventitrè artisti e si può dire che l'arte italiana nelle sue espressioni attuali, nella sua multiforme vitalità, sia tutta rappresentata specie nei suoi elementi d'avanguardia.
Filippo de Pisis, che tra i pittori d'oggi è certamente quello che batte il primato della produzione, ha il dominio del numero, presente com'è con 33 opere selezionate fra 180 possedute da Rimoldi. C'è tutto de Pisis, con i suoi incantesimi, con la sua fantasmagoria di segni e colori, la sua potenza impressionistica, con la sua fatica di ieri e quella di oggi. Ecco i suoi celebri fiori vibranti di vita, i paesaggi colmi di immediata poesia (c'è tra gli altri anche la «Chiesa di Cortina», secondo premio della Mostra del Paesaggio di Bergamo 1939), i ritratti e le figure dove la sua bravura giunge a risultati che lasciano attoniti, le nature morte, i rustici, le marine, in una varietà e freschezza piene di ritmi e di sorprese. Giorgio de Chirico ha anche uno scelto nucleo di opere, non tutte di rigida metafisica: c'è «Cavaliere alla fonte» a struttura classica e c'è una «Pineta» spiritata efficacissima. Carrà ha un paesaggio - «Barca solitaria» - che è tra le cose più belle della mostra. Tosi ha tre opere di alto livello. Semeghini ha quattro tele, della sua maniera sognante. Severini è rappresentato da una delicatissima natura morta, Casorati da una marina tristissima. Mornadi dai suoi neditati paesaggi e dai suoi oggetti che hanno il senso implacabile del tempo. Di Bartolini si vedono le sue belle acqueforti, di Soffici un virtuoso disegno a penna, di Carena uno scorcio di vita campestre («Buoi all'aratro»), e di Rosai uno dei suoi dorati paesaggi toscani. E ci sono ancora Guidi, con un suo nervoso paesaggio, Ravenna con i suoi vivi spunti veneziani, Springolo con un efficace «Prncipio di primavera», Tomea con un rustico ricco di spontaneità, Campigli con le sue nostalgie per le immagini del tempo antico.
Due soli scultori sono presenti a questa Mostra, ma sono di buon sangue: Arturo Martini ha due bronzi - «L'uomo della maremma» e la «Madonnina delle collegiali» - l'uno pieno di forza selvaggia, lievissimo l'altro; e Dante Morozzi, con le sue delicate terracotte che ricordano l'arte etrusca e pure sono così moderne nella concezione e nella modellatura.
Tutto sommato, dunque, un ricco e sostanzioso panorama delle varie tendenze che sfociano nel nostro attuale movimento artistico.
La Mostra resterà aperta fino a tutto febbraio.
Pittori e scultori nostri
L'arte contemporanea alla Mostra delle collezioni di Cortina d'Ampezzo
CORTINA D'AMPEZZO, agosto
E’ la prima volta che l’arte contemporanea italiana trova agio di riunirsi a congresso in una rassegna così varia e ricca. Le esposizioni d’arte moderna, che pure hanno da noi un abbondante fioritura, presentano sempre, necessariamente, degli orizzonti parziali rispetto al numero degli artisti e alla qualità della loro produzione in senso sia attuale che retrospettivo. Soltanto ricorrendo alle collezioni private era possibile radunare una documentazione artistica ormai dispersa, offrendo per i principali artisti saggi di attività diversa nel tempo. Questo vale soprattutto ai fini di una valutazione completa di quei pittori e scultori che hanno sottoposto la loro arte ad una progressiva revisione di idealità, di stili, di maniere: vedi, ad esempio, de Chrico che è largamente rappresentato alla Mostra cortinese con opere di periodi diversi, dal metafisico, al classico, vedi Soffici dell’epoca di Lacerba e del dopoguerra, vari aspetti di Carrà, puoi analizzare nei suoi sviluppi l’ansia sofferente di Morandi, il crescendo vulcanico di de Pisis, le tappe ascendenti di Rosai, Manzù, Casorati, Campigli.
E merita rilievo il fatto che a questa Mostra è arrivato il successo delle principali esposizioni degli ultimi anni, attraverso tre-quattro ordini di selezioni: la scelta dell’artista all’atto di inviare l’opera ad una mostra, il giudizio di una giuria, il collaudo della critica, l’acquisto del collezionista e infine il lavoro di cernita per l’ordinamento della Mostra attuale. Anche per questo la rassegna di Cortina ha un valore qualitativo e di sintesi che non è sperabile trovare altrove. Raffaele Calzini l’ha giustamente definita «il più bello e più provvisorio Museo d’arte italiana moderna».
Da uno sguardo d’insieme alle venti collezioni rappresentate alla Mostra appare chiaro che i raccoglitori si sono orientati di preferenza verso la pattuglia di punta nell’arte contemporanea e infatti nella maggior parte delle sale ricorrono, con una certa ostinazione, gli stessi nomi di artisti già suffragati da una generale accettazione. Tra i più riccamente rappresentati figurano de Pisis con 70 opere, tra cui alcune di primissima forza (c’è tra gli altri la Chiesa di Cortina secondo premio Bergamo e il molto discusso Sacrificio di Abramo), Morandi con 30 lavori (paesaggi, un autoritratto, molte acquaforti: ci sono anche i suoi famosi studi di volume che hanno rappresentato l’arte italiana all’Esposizione di San Francisco), de Chirico, Semeghini, Rosai con 25 ciascuno e sono tutte cose significative. Tosi ha 19 lavori, tra i più apprezzati della Mostra, Juti Ravenna, sul quale insistono con legittima predilezione i collezionisti veneti, ne ha 18, Mafai 14 (bella la sua Roma vista dal Gianicolo), Carrà 13 (una natura morta poderosa, forti marine e un quadro di figura di ardita concezione – L’ultimo bagnante), Soffici e Sironi 11, Campigli 10.
Per qualità e quantità di opere questo nucleo di artisti dà il tono alla Mostra cortinese, mentre altre varie decine di pittori, rappresentati in misura minore, fanno da sfondo. Prende buona luce, nell’insieme della Mostra, l’arte di Scipione Bonichi, di Sassu, di Pirandello, Casorati, Paulucci, Menzio, Marussig, Birolli, Guttuso, Savinio, mentre più frammentaria è la presentazione di Tomea, Cantatore, Peyron, Funi, Bonfantini.
Nel bianco-nero predominano le acquaforti di Morandi e Bartolini; saggi non completi danno Maccari, Longanesi, Gambetti, Bernasconi, Alfieri; da notare un buon disegno di Spadini, due studi di Toti Sciaiola, tre acquaforti di Viviani. Di grande interesse retrospettivo, in relazione agli sviluppi avuti dall'arte italiana del dopoguerra sono i tredici disegni di Romolo Romani presentati dal collezionsta Giuseppe Ronchi di Brescia.
La scultura pur non avendo un grande rilievo in questa rassegna (per ragioni di spazio di collocamento di manovrabilità il collezionsta è più portato a raccogliere opere di pittura), ha tuttavia degli accenni notevoli: Giacomo Manzù, insieme ad altre cose, ha una bellissima Testa di bimba (un'espressione umile ed angosciosa, un'indagine profonda, una modellazione viva), Arturo Martini ha sette opere di tecnica ed estro disparati ( una Donna al sole di classica struttura, un Uomo con cinghiale impastato di forza bruta, una Madonnina e novizia di mistica stilizzazione, un bassorilievo dedicato a San Bovo, una terracotta, una testina in bronzo e infine una Deposizione in marmo, arditissima per concezione di esecuzione rapida e sommaria, Marini Marino (un cavallo in bronzo, due statuine di pugilatori), Francesco Messina (una Eva ben costruita e animata), de Chirico è presente anch'esso con due saggi di scultura ed altri sette artisti sono degnamente rappresentati: Basaldella, Broggini, Cherchi, Fontana, Mirco, Morozzi e Pettenello.
Panorama sufficientemente unitario e completo, con deciso orientamento verso l’arte più attuale. Evidente qualche lacuna, qualche sproporzione; difetti in certo senso naturali del collezionismo. E tuttavia la Mostra rivela una ricchezza straordinaria di valori. La giuria avrà senza dubbio un grave imbarazzo per l’assegnazione del Premio Cortina (L. 15.000) destinato alla migliore opera.
Meno arduo appare il suo compito per una classifica delle collezioni ai fini del concorso bandito dal ministro Bottai (tre premi per complessive L. 50.000 destinati alle raccolte presenti con il maggior numero di opere significative). Per sensibilità, e gusto, per varietà di scelta, per importanza numerica e qualitativa si distaccano nettamente, tra le venti presenti, le collezioni di (seguiamo l'ordine alfabetico) Maria Luisa Astaldi di Roma, Carlo Cardazzo di Venezia, Alberto Della Ragione di Genova, Mario Rimoldi di Cortina e Carlo Cornelio Suppo di Sampierdarena.
La collezione Astaldi, che annovera opere di notevole quotazione commerciale, ha carettere misto, con tendenza a conciliare veri criteri selettivi e con un raggio visuale anche troppo ampio; riccamente documentati vari artisti già ammessi e collaudati dalla critica e dal pubblico, poco rappresentata l'arte più recente: fra le collezioni presenti è la più eclettica, la più sontuosa, ma difetta forse di dinamismo.
Equilibrata e aggiornata appare la raccolta di Carlo Cardazzo che ha prevenuto il lavoro della Commissione di ordinamento inviando a Cortina trenta opere sceltissime delle 400 di cui dispone la sua raccolta: questo senso di autocritica ha consentito al collezionista veneziano di avere la sal apù armonica, più intransigente, più pura, con opere tutte di primo piano rappresentanti 19 artisti.
Più esuberante appare la collezione del genvese Alberto della Ragione che presenta oltre cento opere di numerosi artisti, in una ampia scala di valori in cui sono tenuti presenti gli anziani e i giovani con il risultato di dare un panorama veramente aggiornato e movimentato dell’arte italiana attuale.
Mario Rimoldi di Cortina è numericamente il più dotato e la sua collezione si classifica tra le più belle ed importanti: un robusto nucleo di De Pisis fa da perno alla raccolta, in cui figurano efficacemente rappresentati i migliori artisti viventi. Tanto più nobile e meritoria ci sembra la fatica di questo raccoglitore, se rileviamo che la sua collezione è nata e si è formata in provincia, lontano dai centri vitali dell'arte, senza possibilità di consuetudine e di contatti con gallerie ed artisti. Pur così isolato, Rimoldi ha messo insieme una delle più notevoli collezioni che esistano oggi in Italia. Viva e vitale è anche la collezione di Carlo Cornelio Suppo, ispirata a criteri di omogenità e di aggiornamento, nel senso che essa fa posto, oltre ai valori noti e riconosciuti, anche le forse più giovani. In un ordine più modesto d'importanza si classificano le collezioni di Attilio Vallecchi (che annovera dei Morandi, dei Soffici e dei Rosai di prima scelta), di Emilio Libero, che dimostra un sicuro ed intelligente gusto personale, di Giorgio Zamberlan che ha una raccolta bene amalgamata, di Giovanni Comisso che ha una parete di bellissimi de Pisis e dei gustosi bianco-neri, di Mario Giacobbi che ha uno dei migliori gruppi di Semeghini e una Parigi fuori sede di de Chirico e infine di Marcello Pilati che rivela una scelta bene accordata.
Le collezioni di Vittorio Ferrero e Domenico Mastrangelo rappresentano degli intelligenti annunci di raccolta, con opere di buona selezione, e di più modeste pretese sono quelle di Nino Carozzi, di Giuseppe Noferini (che presenta una bella serie di Vittorini), di Sisto Colle, di Delia Murari Della Corte Bra, di Astiago Voltolini e di Carlo Bianchi. Giuseppe Ronchi di Brescia presenta com'è detto i disegni di Romolo Romani.
La piattaforma MQUADRO è stata progettata nell’ambito della tesi M.A.P. (Museums Accessibility Platform) di Stefania Zardini Lacedelli, laureanda in Economia delle Arti e della Cultura presso l’Università Cà Foscari di Venezia. Il progetto di tesi è stato selezionato dalla Venice International University per un periodo di ricerca presso l’ISIS Lab della Duke University, sotto la supervisione della Prof.ssa Victoria Szabo.
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