I MIRACOLI DI CORTINA D'AMPEZZO
Un albergo che è una pinacoteca con quadri d'autore in ogni stanza
L'importantissima collezione Rimoldi, con un migliaio di opere della pittura italiana contemporanea, ha bisogno di una sistemazione organica, che è già in progetto - Grandezza e stranezze di De Pisis
(Nostro servizio)
CORTINA D'AMPEZZO, luglio - Non credo capiti spesso che un albergo sia al tempo stesso una galleria d'arte, una pinacoteca; il caso dell'Hotel Corona a Cortina, anzi, è certo più unico che raro. Il fatto che in questo albergo non solo l'ingresso, i salotti, la sala di scrittura, la sala da pranzo, ma anche tutte le stanze da letto sono decorati con quadri di grandi autori. A che si deve questo singolare miracolo? Al fatto che l'albergo appartiene ad uno dei più appassionati intenditori d'arte e collezionisti di quadri che l'Italia, pur ricca in questo campo, possa vantare. Mario Rimoldi possiede una delle più importanti e cospicue collezioni di pittura italiana moderna e contemporanea che siano state raccolte. Si tratta di oltre un migliaio di quadri tra i quali circa 300 De Pisis, quasi un centinaio di Sironi, una trantina di De Chirico e altrettanti Campigli, decine di Tosi, Carrà, Carena, Soffici, Semeghini, Viani, Scipione, Mafai, Maccari, Severini, Rossi, Rosai, Morandi, Casorati, Guidi, Tomea, Zigaina, Levi, Omiccioli, Guttuso; e non è chi non veda che abbiamo citato alla rinfusa, soltanto per dare un'idea del carattere della collezione e dell'importanza degli autori che vi sono più rappresentati.
Una passione
Mario Rimoldi è dunque un albergatore di Cortina come ce ne sono parecchi altri, e come parecchi altri affianca la sua attività alberghiera un'altra attività, dirige cioè una grande agenzia di viaggi automobilistici, che naturalmente, trovandosi proprio nel centro delle Dolomiti, ha molto lavoro da svolgere; al contrario degli altri albergatori, però, Mario Rimoldi fu segnato nel lontano 1923, quando era studente alla scuola alberghiera di Roma, da una segreta passione: quella per la pittura moderna, la bella pittura moderna. Fu allora che coi primi risparmi cominciò a comprare qualche quadro, e da allora tutti i suoi guadagni hanno preso quella via. Oggi è quasi impossibile calcolare il valore della sua collezione; ma, se si pensa che dei circa mille quadri che sono in suo possesso almeno 500 sono di primaria e talvolta di eccezionale importanza e che a questi va attribuito un valore commerciale medio di non meno di un milione per ogni tela, si arriva facilmente alla conclusione che Rimoldi possiede in tele un patrimonio che oscilla tra il mezzo miliardo e il miliardo, avvicinandosi più a questo che a quello. Perché bisogna rendersi conto della qualità particolare di questa collezione, oltre che della sua massa quantitativa. Il nucleo principale è costituito dai De Pisis, di cui Rimoldi possiede, come si è detto, circa 300 pezzi. De Pisis era giovane, agli inizi della sua carriera pittorica, vendeva appena qualche sua tela, quando Rimoldi ne intuì la grandezza e cominciò a comprargli la produzione poco meno che in serie. De Pisis era già stato a Cortina nel 1931, nel 1932, nel 1934, vi tornò nel 1937, e fu in quell'anno che Rimoldi lo conobbe. Lo conobbe, naturalmente, perché il pittore vicentino era andato proprio al suo albergo, al Corona, subito al di là del torrente del Boite; lo vide al lavoro, ne apprezzò la grandezza. Negli anni seguenti De Pisis tornò più volte a Cortina, nel '40, nel '47, nel '49, nel '50 quando già la malattia che doveva costringerlo in casa di salute e toglierlo di senno aveva cominciato a minarlo. De Pisis aveva un modo di vivere e di lavorare disordinato ed estroso: Rimoldi mi dice che, sebbene avesse una bella stanza d'albergo, spesso andava a dormire nel pagliaio e talvolta trascorreva perfino le notti sotto gli alberi. Era capace di dipingere due quadri in una mattina, e un quadro di particolare impegno non gli richiedeva spesso più di due «pose». Tra De Pisis e Rimoldi si stabilì una vera, grande amicizia. Questo spiega perché nella collezione Rimoldi la pittura di De Pisis è rappresentata non in modo casuale, ma organico, in modo da riflettere chiaramente tutta l'evoluzione dell'arte depisisiana. Vi sono perr esempio due tele raffiguranti la chiesa ed il campanile di Cortina, presi esattamente dal medesimo punto, con la medesima inquadratura, della medesima dimensione; la prima è del 1937, l'altra è del 1949. Niente di più illuminante che un raffronto: il quadro del '37 è ancora impastato in maniera ricca, le nuvole in cielo sono corpose come quelle che risaltano da uno sfondo tutto dipinto, una vera e propria «base»; in quello del '49, invece, la materia è coloristica è diventata molto più secca, è applicata direttamente sulla tela, che qua e là emerge allo stato grezzo e naturale, tutta la pittura ha acquistato una essenzialità di segno molto più nervosa. Cortina e De Pisis sembrano congeniali: il paesaggio montano, con le sue prospettive ravvicinate, con i suoi neri che formano come il contorno dei verdi, offre al pittore il modello ideale di un'arte nella quale si ritrovano, trasfigurate, quelle caratteristiche.
Opere insigni
Di De Pisis, Rimoldi possiede anche quattro figure, che sono rare nella produzione del pittore vicentino: il «Moro di Harleem» del 1930, «L'inglese» del '34, il «Facchino di porto» ed il «Vecchio» del '40: sono quadri di rara bellezza, uno dei quali, il «Moro», è stato anche esposto all'ultima Quadriennale.
La collezione Rimoldi è infatti nota agli intenditori, molti suoi pezzi sono già stati ammirati in esposizioni tenute a Rio de Janeiro, a New York, a Buenos Aires, a S. Francisco, a Trieste, a Roma (Quadriennale,Biennale, Mostra di Valle Giulia) nel dopoguerra. Nel '41 in occasione del «Premio del collezionista» tenuto a Cortina, ne fu fatto anche un catalogo, che però non dà un'idea adeguata di quello che la collezione è divenuta in questi quindici anni, di quello che essa è oggi. Di Campigli, per esempio, vi sono pezzi che sono tra i migliori dell'intera produzione e tra essi «A teatro»: di Tosi un autoritratto che è un vero capolavoro, oltre a parecchi paesaggi; di Gino Severini un grande mosaico sistemato nella parete di fondo della sala da pranzo dell'Albergo Corona, che fu composto dall'autore appostamente per Rimoldi nel '50: di Rosai vi sono alcuni quadri con figure che vanno annoverati nel meglio della sua produzione; inoltre Rimoldi possiede anche alcune sculture di Arturo Martini di notevolissimo pregio e interesse. Di Guttuso, Rimoldi ha recentemente acquistato, tra l'altro, la grande «Zolfara», che a Cortina ha trovato collocazione nella stanza del direttore della Scuola d'Arte.
Non tutti i mille quadri della collezione trovano posto, infatti, nelle sale e nelle stanze dell'albergo Corona; ve ne sono, numerosi, nella sede dell'agenzia di viaggi automobilistici al centro di Cortina, lungo la scala del medesimo edificio, nell'abitazione privata di Rimoldi, in faccia all'albergo, nel Circolo artistico, nella Scuola d'arte; ve ne sono perfino in classe, che non trovano per ora la possibilità di essere appesi a una parete.
La galleria
Ecco perché Mario Rimoldi, che per 5 anni è stato Sindaco di Cortina, si dice lieto che le recenti elezioni lo abbiano liberato da quella carica: potrà finalmente dedicarsi con maggiore impegno alla propria collezione e realizzare il progetto di costruzione di una vera e propria galleria ove sia sistemata l'intera collezione; gli ci vogliono, naturalmente, degli aiuti finanziari, ch'egli spera di ottenere dal Comune e dall'Ente del turismo; ma il progetto è già elaborato, la nuova galleria dovrebbe sorgere sul terreno di proprietà di Rimoldi a fianco dell'albergo. Il giorno in cui il progetto fosse realizzato Crotina aggiungerebbe un nuovo motivo di attrazione che, sul piano della cultura, si affiancherebbe alle altre iniziative, tra le quali emerge oggi il Premio annuale europeo intitolato alla rivista «Ulisse» e animato dal fervore e dalla competenza di Maria Luisa Astaldi.
GAZZETTINO DI BELLUNO
CORTINA D'AMPEZZO
Domani s'inaugura il Circolo Artistico
Il Circolo Artistico Cortina, una istituzione culturale tenacemente voluta da un gruppo di intellettuali, dei quali non facciamo i nomi nella tempa di incorrere in omissioni, inizierà domani domenica, alle ore 18, la su attività nel nuovissimo Palazzo Ariston in Viale Marconi.
La presidenza del Circolo è stata assunta dal comm. prof. dr. Sandro Vacchelli, che ne è uno dei principali promotori. Vicepresidenti sono: il collezionista Mario Rimoldi e la signora Rosita Mecenati.
Un avvenimento eccezionale artistico coinciderò con l’apertura di questo famedio dell’arte: la Mostra di pittura contemporanea della Galleria Rimoldi che comprende opere di De Chirico, De Pisis, Rosai, Sironi, Campigli, Casorati, Martini, Egger-Lienz e di altri pittori e scultori moderni.
Aprendosi questa interessante «collettiva» d’arte moderna il prof. Adolfo Pallucchini, segretario generale della Biennale, terrà una prolusione.
L’attività stagionale del Circolo è particolarmente ricca di avvenimenti: conferenze, concerti, raduni culturali e scientifici, ecc.
Nel campo musicale avremo un conerto del maestro Arturo Benedetti Michelangeli il 13 corr. un concerto del Quartetto Italiano il 18 ed un altro concerto del Quintetto «Luigi Boccherini» di Roma il 25; mentre il prof. Giuseppe Armellini, direttore dell’Osservatorio astronomico di Roma, il 10 agosto, terrà nel salone del Circolo una conferenza sul tema: «L’Universo nello spazio e nel tempo».
Inaugurandosi il Circolo Artistico Cortina, il prof. Giorgio Levi, che tenne per molti anni la cattedra di pianoforte al «Benedetto Marcello» di Venezia ha scritto per il «Gazzettino» il seguente articolo: (…) contro la parete della storia altrettanto trasfigurabili dal gusto, dall’umore, dall’attimo di chi li accoglie, o dall’ambiente.
Già mi fingo inesauribili conversazioni...La musica, si sa, tonifica i pensieri, muove le idee, accende. E accenderà anche discussioni proficue, nelle quali riferimenti alla pittura alla letteratura non mancheranno d'inserirsi a mò di spiegazione come se la bellezza potesse esser spiegata! E con questa convinzione io cedo la parola alla musica. Alla musica dei prossimi concerti – ostralu6efl – shh hm ht hmhh
REVISIONI E SCOPERTE IN PROVINCIA
Mille opere d'arte nella cerchia delle Dolomiti
Mario Rimoldi ha messo insieme questa importante collezione durante trent'anni di silenzioso lavoro, con incrollabile fiducia nella perennità dei lavori spirituali
(DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE)
Cortina, aprile
Quando, portati dal nostro lavoro di cronisti, capitiamo quassù, a Cortina, anche di fretta quel paio di ore che son necessarie per una visita alla collezione di Mario Rimoldi c'è sempre riuscito di trovarle. Due ore, in verità, non bastano, chi l'accosti per la prima volta. Mille e passa opere, fra dipinti e disegni e sculture, tutte o quasi notevoli, quando non bellissime addirittura, distribuite in tre edifici, parte nello studio privato del raccoglitore, parte nelle aule della scuola d'arte e parte al «Corona », fanno un bel numero, un numero d'eccezione senz'altro, da dedicarci un tempo ben più vasto e riposato di quanto ora si diceva, a non averle familiari per una ripetuta frequenza. A noi, familiari orami sono: e sappiamo la casa, sappiamo la sala oo la stanza o il corridoio o il pianerottolo dove ritrovar tosto quei Rossi e quei Garbari, quei Morandi e quei De Pisis, quei Semeghini e quei Carrà, tutti insomma i quadri che di volta in volta si desidera rivedere.
Un fatto sorprendente
Vecchia passione, questa di Rimoldi: e vera, senza veli o infingimenti di un uomo la cui fede e l'entusiasmo hanno dato una costanza e una tenacia invidiabili. Da circa tre decenni egli raccoglie opere di arte: esattamente dal '23. Cioè da pochi mesi dopo quella biennale veneziana, la XIII, durante la quale Modigliani, che vi entrava per la prima volta, non venne degnato di qualche rarissimo sguardo, né furono udite le parole con cui Vittorio Pica lo presentava; poi, gli applausi più scroscianti toccarono a un gruppo di pittori che tutti sappiamo, ma che nessuno oramai trova più il destro di ricordare. E va giudicata cosa in ogni modo sorprendente che il Rimoldi non ponesse attenzione alcuna a quegli espositori conclamatissimi, e puntasse invece su nomi per allora più modesti o trascurati del tutto, che sono i nomi di oggi, gli unici di quelle generazioni rimasti a segnare nello sviluppo della pittura moderna italiana un’impronta di storia. E se ai dì nostri il trovare presso qualche appassionato d’arte una scultura di Martini o di Marini, un dipinto di Sironi o di Campigli non desta più meraviglia in alcuno, venticinque o trent’anni or sono il fatto risultava così inatteso e sorprendente da discorrerne come di un avvenimento raro, di una coperta d’eccezione.
Felice intuizione
In quanto al Rimoldi, non bisogna scordare che egli viveva e vive in questo centro bellissimo mirabilmente ricco di doni naturali, ma estraneo per lungo tempo a ogni polemica artistica, ad ogni problema della cultura. Sicché pareva ai più che, nello sfogo di quella passione, egli agisse soltanto per vaghezza di muoversi a ritroso, per capriccio di paradossi e stravaganze. O volesse davvero buttarsi a capofitto nei guai. E la crociata addosso gliela gridarono in molti. Era invece ad incitarlo e sostenerlo in siffatta impresa, una intuizione felice dei valori che, con lenta fatica, l'arte contemporanea veniva via via conquistando. E allorchè negli sviluppi dell’indirizzo assunto, quell’intuizione si fece coscienza precisa dei fatti, allorchè, dopo qualche lustro, la fiducia d’inizio mutò in certezza fugando di conseguenza, o mettendo momentaneamente a tacere, insieme a certi dubbi e timori legittimi, anche le ostilità più vespine e petulanti, il Rimoldi aveva già posto basi solidissime alla sua collezione, destinata a divenire di lì a poso una delle più importanti che esistano nel nostro paese. Tanto che, nel ’41, Giovanni Comisso poteva scrivere giustamente: «Questa raccolta sorse qui, in questa valle di armoniose montagne, perché il bello chiama il bello, e Mario Rimoldi fu l’interprete di tale voce».
Parole calzanti, senza dubbio. E massimamente perché da noi, quella particolare figura che è il collezionista di arte non ha ancora ottenuto un giusto riconoscimento. Certo che una distinzione va fatta fra mercante e collezionista. Entrambi, è vero, accompagnano, per così dire, l’artista, e l’aiutano nella fatica sua; ma se il primo ha soprattutto il compito di tener desto un mercato, che altrimenti languirebbe, o sparirebbe affatto, il secondo esercita una funzione che è già selettiva, e perciò sostanzialmente di giudizio, in quanto, raccogliendo, non per calcolo, ma per pura vocazione, quelle opere di un presente in cui egli crede, mentre dimostra da un lato la sua fede nella perennità dei valori spirituali, prepara dall'altro i documenti che di quei valori proveranno la validità in sede storica e critica.
D’altro canto, chi pensi al misero contributo che lo Stato eroga a favore delle gallerie d’arte moderna e a quello scarsissimo messo a disposizione dai comuni, dovrà convenire che la raccolta e la conservazione delle opere rimane affidata quasi esclusivamente ali collezionisti. Di qui l’importanza, e la necessità,, almeno per taluni, di una tutela, d’un appoggio che renda loro possibile il far conoscere a tutti quei lavori di cui son entrati in possesso.
Un giudizio d Barbantini
Oltre mille numeri di catalogo elenca, come dinanzi s’è ricordato, la raccolta di Mario Rimoldi. E tali, per gran parte, da fornire una documentari età fra le più considerevoli sull’arte italiana contemporanea. Non per nulla in un libretto, dove il collezionista ha radunato le impressioni che i visitatori (quasi tutti da annoverare tra i poeti, gli artisti e i critici) vollero esprimergli, abbiam letto parole calorosissime di ammirazione e plauso. Esplicito, ad esempio, e reciso, il Barbantini, il quale scrive senz’altro: «Preferisco la sua collezione alle pubbliche gallerie italiane di arte moderna». Impetuoso il Panchieri, e insieme accorato, nel fuoco di quei sentimenti umani che sempre agirono in lui, negli anni più fervidi del suo lavoro, come uno sprone, un impulso, fino a rendersi luce di verità sopra sensibile durante la tragica agonia: «Anche Rimoldi è per gli uomini che creano e che credono, per l'opera che contenga ed esprima l'immagine di un impegno morale: anche lui è per le opere che costano sforzo e studio, per quelle che contano, e dureranno perché rappresentano qualche cosa. La storia dell'arte italiana assegnerà, senza dubbio, a Rimoldi il merito di aver realizzato a Cortina la prima cosciente opposizione al gusto dei dilettanti e al diffondersi di un mercato laico. Dalla sua raccolta, che documenta le fatiche e le aspirazioni degli artisti più nobili e significativi, si elevano serene le immagini della poesia e i segni di quella volontà che è decisa a ricostruire, attraverso le nuove generazioni e nell'ambito della patria, un mondo migliore. Un esempio esemplare per tutti, in questo paese ansioso di spassi e in questo periodo di incertezza e volontà.» E sentite ancora il Brandi, in un suo scherzoso ma efficace quadrstico: «Spendendo un po' di soldi - perchè il clima si scladi - i quadri di Rimoldi - son baldi, caldi e saldi». Degli altri citeremo a caso i nomi dell'Argan, del Maccari, della Bucarelli, di Alfonso Gatto, del Carieri, della Frai, del Monelli, del Vedova, del Montale, del Cardazzo, della Manzini, del De Angelis, ecc. ecc., tutti d'accordo nel riconoscere un si lungo apostolato (e la parola non è per nulla eccessiva) a vantaggio dell'arte contemporanea.
La parola da raccogliere
Del resto, che nel suo cernere e raccogliere il Rimoldi non manifestasse un'adesione generica ad un modo di fare, ma aderisse con sottile avvedutezza ad un valore bene intuito, e quasi sempre nei termini in cui oggi si parla dalla critica più avvertita e autorevole, basta a provarlo l'elenco degli artisti che codesta collezione meglio documenta. Ed ecco, infatti, il De Pisis con trecento e più opere, d'anni diversi, dal suo avvio ad oggi e molte di tanto conto da non potersi ignorare, chi s'accinga un giorno a scrivere per intero la storia di un siffatto pittore. Ed ecco il Sironi con ottanta, da quelle più tipiche dei paesaggi urbani a quelle più recenti delel figurazioni frante in zone accostate. Ecco il Morandi con una trentina fra olii e acqueforti, e il Modigliani con due disegni. Il Tosi e il Campigli con venti o venticinque pitture ciascuno; e il Semeghini e il De Chirico con quindici. E sette rappresentano Tullio Garbari, tre Gino Rossi, una Scipione, lo Spadini e il Moggioli. Cinque, e tutte notevoli, ne ha il Guidi; e altrettante il Carena e il Rossi. Tre il Carrà, il Marussig, il Soffici e il Bartolini; due il Severini e il Casorati. Una decina sono del Tomea, quindici di Juti Ravenna, sette, od otto del Pancheri, tre dello Springolo, Ed altre del Mafai, del Guttuso, del Vagnetti, del Brindisi, del Capogrossi, del Paulucci, ecc., ecc. Cui vanno aggiunti i dipinti di qualche artista straniero (fra il resto un Picasso e un Utrillo), e alcune sculture e molti disegni di Martini, Marini e Manzù.
Ed ora una constatazione viene spontanea, ed è codesta: che la collezione di Mario Rimoldi non costituisce più una curiosità locale, ma un fatto cospicuo, da interessare la cultura in genere e la critica in ispecie. Impossibile trascurarla oramai. E inconcepibile non meditare di trarne tutti quei vantaggi che essa può rendere. Affermiamo, in sostanza, l'opportunità di una sua sistemazione razionale, in un ambiente adatto, dove ogni artista si esclude per altro che, sotto trovi il posto che gli spetta, e le opere, così coraggiosamente raccolte, concorrano in gruppo a creare il più vario, consapevole e plausibile panorama della nostra rte di oggi. Una nuova galleria, dunque, nella cerchia stupenda delle Dolomiti ampezzane: una galleria aperta a tutti, alla gente del paese e agli ospiti d'eccezione che quassù convengono da ogni parte del mondo.
Come non pensarci? Come non tentar con ogni mezzo la realizzazione di un così entusiasmante progetto? Buttiamo la parola: e la raccolga chi deve e chi può. E se, con tale creazione, un uomo sarà premiato nella sua fede e nel suo lavoro, anche Cortina, aggiungendo il dono straordinario dell'arte a quelli della natura, guadagnerà in bellezza e rinomanza.
FUNZIONE EDUCATIVA DI UNA RACCOLTA
QUADRI DEI MASSIMI PITTORI NELLE AULE DI UNA SCUOLA D'ARTE
Mentre mettevo il piede sul montatoio del treno che da Cortina porta a Calalzo un amico mi aveva proposto la visita al “Corona” dove avrei visto una eccezionale raccolta di De Pisis. L'invito era tentatore e rimandai la partenza di qualche giorno per farmi condurre all'albergo dove in una cornice splendida sono impaginati i più bei nomi della pittura contemporanea. E non alla rinfusa ma con ordine rigoroso di accostamenti. Così l'albergo appare una sontuosa galleria permanente che fa consueta agli occhi degli ospiti un'arte lontana dal gusto dei più. Perché il collezionista non si è limitato a decorare le sale del pianterreno con i Campigli e i Sironi, i Guttuso e i Carrà, ma ne ha disposti con signorile larghezza nelle camere e nei corridoi, quasi nell'intento di porre in un rapporto parallelo la bellezza di cui possono pascersi gli occhi (e basta aprire le finestre per questo) e la bellezza di cui deve pascersi l'anima.
Mi dissero subito che non avrei potuto vedere le opere con le quali sarebbe stato decorato l’albergo, alla sua riapertura, perché da qualche tempo vi lavoravano i muratori intenti ad approntare nuovi impianti e lo albergo era chiuso. Ma avrei potuto ugualmente passare in rassegna i quadri che s’affoltivano nello studio di Mario Rimoldi e invadevano tutta la casa in cui lo studio apriva i battenti.
Lo studio di Mario Rimoldi meriterebbe l'onore di una fotografia. Vi sono dipinti ovunque, fin sulla fiancata delle sue scrivanie. Quadri tappezzano i muri dal pavimento sino al soffitto e poiché quella dello spazio è una legge fisica che non può essere violentata, quadri sfociano lungo la sala attigua all'ufficio dal pianterreno alla soffitta. Ho detto a Mario Rimoldi, il quale mi accompagnava nella luminosa visita, che prima di avventurarmi tra le opere appese lungo la scala della casa volevo vedere quelle che egli ha collocato nei corridoi e nelle aule della scuola d'arte di cui presiede le sorti.
Mi affascina l'altissima funzione educativa cui adempie questa raccolta. Non museo freddo e inabitato. Ma quadri a contatto della vita, là dove più fermenta. Quadri dei massimi pittori italiani nella Scuola. Cosa non ho visto qui? C'è tutto lo stato maggiore dell'arte contemporanea e il discorso sarebbe necessariamente lunghissimo. Limitiamoci per oggi a parlare di Sironi.
Sironi ha in questa raccolta, che si è arricchita or dei quattro studi superbi, un icastico nudo femminile e una fuga in Egitto che con l’Adamo ed Eva documenta le sue capacità enormi nel rendere il dramma biblico che incombe sull’uomo. Tuttavia, la tavolozza non si esaurisce nel gioco esasperato dei bianchi e dei neri, ma presenta una ricchezza inattesa e uno splendore gemmeo.
E chi non abbia la fortuna di visitare la raccolta Rimoldi può con tutta facilità vedere che cosa è Sironi nella monografia pubblicata da «Il Milione». Hanno un bel dire certi critici che qui ci modulano sillabe d’oro, frammenti di favola e ricordi di una erudizione archeologica.
BONTEMPELLI NON HA CAPITO SIRONI MA UN COLLEZIONISTA AMPEZZANO SI’
A tutto questo, Sironi ha risposto per noi con quelle stesse opere che si vorrebbero portare coe docmento d’accusa ed ha risposto per tutti con le parole premesse alle riproduzioni stampate da «Il Milione».
Già perché questa monografia racchiude, e pochi se ne sono accorti, una polemica violenta fra le stesse pagine.
S’apre infatti con una prefazione di Massimo Bontempelli alla quale lo stesso Sironi ha fatto seguire una chiosa. E poichè a Bontempelli erano uscite di penna frasi simili: «Al primo scorrere queste dodici tempere potremmo non riconoscere in talune di esse che un senso decorativo. E dovremmo subito ricrederci. Il loro stesso manifesto atteggiarsi a pittura murale, non è che un modo di allontanarsi da ogni traccia di tempo; l’aborrimento a ogni gioco del colore è una ricerca del più remoto. Decorazione è indifferenza accolta come divertimento e riposo; ma da ognuna di queste forme escono soffocati gemiti». A questa affermazione Sironi controbatte definendo che cosa si ha da intendere per decorazione e sono dei pagine che tutta la repubblica dei piccoli pittori e dei grandi critici dovrebbero risillabare.
Sironi scrive «Il rosone centrale della cattedrale di Troia, le sculture dei portali di Chartres, gli ovali di un capitello rimano, le pitture della valle dei Re di Tebe, sono decorazioni autentiche, quanto il vasellame greco e le ceramiche di Capodimonte, e tanto potenti creazioni da fare impallidire qualsiasi genio dei tanti che ornano le mostre contemporanee».
E così conclude: «Né certo in noi vivono estasi languescenti di un’arte diversa vigilata dalla naftalina. Muoviamo meglio come soldati millenari verso l’avvenire nel cielo ornato di canzoni».
Ho incontrato Sironi al tavolo dell'albergo nell'ora del pasto del mezzogiorno: magro e dritto ha il volto di un moschettiere e la conversazione affabile in cui le parole prendono sempre d'assalto un pensiero. Il primo incontro con Sironi era stato per telefono allorchè gli aveva chiesto il permesso di ospitare alla «I Biennale di Arte Sacra» un suo grandissimo cartone per vetrata. Non vole. Un dolore lo aveva stroncato proprio in quei giorni ed egli rispondeva come Abramo sul monte allorchè la Voce aveva imposto: prendi il tuo figlio unico che hai e offrimelo in olocausto.
Ma non poteva intendere più l'arte sacra nemmeno come una sapienza, la intendeva come slancio di fede nell'abisso e nulla dell'opera sua gli sembrava degno di essere chiamato sacro. Tutto questo detto in poche parole con la voce che tremava per la resa dei singhiozzi.
Il nuovo incontro era stato più sereno. Mi ritrovavo accanto l’uomo che dopo il fulmine rialzava la fronte per guardare in faccia Iddio. Il mio desiderio sarebbe stato quello di vedere le ultime tempere dipinte a Cortina in quei giorni, dato che uno dei bombardamenti milanesi aveva distrutto il materiale pronto al «Milione». per una monografia esauriente. Non c’era mostra in cui io e la mia buona compagna non s’andasse in cerca di quadri di Sironi come di aspetti dell’anima nostra e ricordo un uomo sotto l’albero come schiacciato dalla monumentalità dell’ambiente che era stato ragione di conversari molteplici nella nostra casa, per mesi e mesi.
Vivere qualche giorno accanto a Sironi era il più grande dono che Mario Rimoldi poteva farmi. Ma il dono doveva essere completato con una visita allo studio. Ero ormai all'ultimo giorno della mia permanenza a Cortina, anzi alle ultime ore e non si riusciva di ottenere il sospirato invito. Dall'albergo al suo studio si doveva camminare con la neve fino a mezza gamba, lo accompagnai alla soglia della Scuola d'arte dove gli era stata riservata una piccola aula, senza speranza.
Invece, al momento di lasciarci, mi sollecitò ad entrare. E senza dir motto, egli che è un parlatore elegantissimo, mi pose davanti decine di tempere, disponendole sulle sedie, sul pavimento, contro il muro, sugli scaffali della stanza. Ebbi l'impressione di essere entrato nel golfo mistico dove un'orchestra stesse interpretando musiche di millenni.
Quelle tempere esercitavano su di me il fascino magico in cui la presunzione del critico doveva dare il passo alla commozione dell'uomo. Una sopra tutte mi attrasse: assistevo al suo dilatarsi nella retina fino a coprire la parte della stanza, fino ad ampliarsi su un muro più vasto e dare architettura ad un affresco immenso. Una commozione violenta mi predò il cuore. Un sentimento incontenibile. Davanti a me avevano aperto l'universo ed era per me svelarmisi il mistero dell'amore e della morte. Gli interrogativi cioè che danno contenuto religioso alla vita.
Sironi ha scritto: «La statuaria egizia è nata negli ipogei delle tombe reali e vive nel basalto in una teoria di geroglifici e a nessun egizio venne mai in mente di creare una statua, una pittura, all'infuori di un sentimento religioso».
Quelle parole erano una memoria e proclamavano una identità indissolubile tra la scoperta estetica e l'invenzione artistica.
Mi volsi verso il pittore e gli gettai le braccia al collo. Poi venni via quasi fuggendo sotto l'incubo di aver sciupato con un gesto sentimentale quell'ora indimenticabile. Era stato un moto senza controllo che aveva forse lo scopo di liberarmi dalla soggezione di quel mondo di fronte al quale potevano richiamarsi per parentele di potenza suggestioni decorative dei vasti catini di Ravenna. Come lo scrittore non trovando punti di contatto col pittore, così grande e distante, avesse cercato di ristabilire un rapporto cordiale con l'Uomo. La tempera che mi aveva illuso di assistere alla metamorfosi dell'immagine che si fa suono, Mario Rimoldi l'ha acquistata per la sua collezione.
NELLA CORTINA DELLE OLIMPIADI c'è posto anche per l'arte e la cultura
Il Circolo Artistico ha ricevuto dal Comune una degna sede e per questi giorni ha organizzato una serie di grandi concerti
DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
Cortina, 30 gennaio, notte.
Nel grande clamore della polemica olimpica, che vede da un lato la stampa straniera impegnata ad esaltare l’organizzazione cortinese e, dal’altro, parte della nostra non meno impegnata a denigrarla (con l’aggiunta di qualche menzogna gratuita) noi confessiamo la nostra colpa: noi ci permettiamo di esprimere qualche modesta riserva sul fatto che la presenza di Sofia Loren e quella, imminente di Gina Lollobrigida, costituiscano gli unici avvenimenti marginali di grossa importanza connessi con le Olimpiadi.
Ve ne sono altri, secondo noi, meno mondani, ma più profondi, meno appariscenti, ma più duraturi. In questo clima sportivo, Sofia e Gina saranno come i due punti collocati a metà di un periodo, per il bisogno di riprendere fiato. Ma i due punti rimangono lì, pausa necessaria e fittizia, dopo la quale il concetto continua a dipanarsi alla ricerca della propria soluzione. Ora, invece, noi vorremmo andare a capo, con un concetto già risolto, noi vorremmo rispondere, insomma, a questo interrogativo, che non ci sembra privo di significato. La meravigliosa valanga dei giochi olimpici è destinata veramente a trascinarsi dietro tutto, oppure qualcosa rimarrà, a Cortina, anche più tardi, la consistenza e la vitalità? Tentiamo, dunque, di rispondere all’interrogativo.
Sei anni fa, ai primi del 1950, un gruppo di villeggianti estivi osservò questa modesta gioventù in estrose acconciature, che maturava in sé uno spirito snobistico, terribilmente vacuo, e leggermente indisponente. Non si trattava di esigere da questi giovani, ragazzi e ragazze, una serietà accigliata e quasi professorale, su cui essi avrebbero avuto tutto il diritto di polemizzare. Seri, imponenti, saggi – e magari un po’ fastidiosi – lo sarebbero stati più avanti, negli anni in omaggio alla vita. Tutto ciò che quello sparuto gruppo di villeggianti reclamava allora era il riconoscimento di quella verità che prende luce e nome dallo spirito e che non è dato rintracciare sugli alti scranni di un bar alla moda.
Il Circolo artistico di Cortina nacque in quel tempo, e nacque in umiltà francescana. Issati sugli alti scranni dei bar alla moda, i giovani sentirono che esso era nato in polemica con quelle loro forme e con quei loro costumi e se ne dichiararono indignati. Alla prima conferenza annunciata degli esponenti del circolo, andarono per il contraddittorio e ne venne fuori un baccano da comizio. I giovani erano a Cortina in vacanza, dissero, e non volevano saperne di problemi dell'arte e della cultura.
Sono passati sei anni da quela lontana sera di tempesta e il Circolo artistico ha resistito. Ha resistito agli assalti e ha resistito all'indifferenza. Forse, anzi, il suo merito maggiore è proprio quello di aver resistito, col segreto fascino delle sue manifestazioni, all'insidia dell'indifferenza con cui si riesce ad uccidere sempre tutto ciò che si vuole uccidere. Si sono viste nelle sale del circolo, che erano anguste fino a poco tempo addietro, mostre d'eccezione, a cominciare da quella di Rimoldi, uno dei maggiori collezionisti italiani.
La prima mirabile esposizione dell’architettura alpina è stata organizzata qui e si è trovata intorno quegli stessi giovani che avevano protestato tanto. Così è avvenuto per la mostra dell’arte antica dolomitica, piena di scoperte insospettate: e così è avvenuto per quella successiva della ceramica, messa insieme pazientemente in base ad una scelta dei vari pezzi, difficile e laboriosa. Nell’ambito del Circolo artistico di Cortina è nato, infine, il premio letterario per un libro sulla montagna, che dà ogni anno uno scrittore nuovo: l’editore Cappelli s’incarica del suo lancio.
Di strada, in sei anni, il circolo ne ha fatta, come si vede. Ne ha fatta tanta che il Comune ha voluto attribuirgli un vero e proprio carattere di ufficialità, offrendogli una sede nuova, più ampia e più degna: sede che il sindaco ha consegnato, con alte parole di plauso, ai consiglieri, con a capo il presidente dell’istituzione, ing. Astaldi, il giorno stesso in cui Giovanni Gronchi ha inaugurato a Cortina i Giochi olimpici invernali. Anche nell’allestimento di questa nuova sede si è prodigata una donna, che ormai i cortinesi conoscono molto bene: Rosita Mecenati.
Nell'attuale periodo olimpico, il Circolo artistico non ha voluto rimanere estraneo alla manifestazione di carattere mondiale e ha predisposto, per i componenti del Comitato internazionale olimpico e per quelli del Comitato organizzatore, una serie di grandi concerti, di cui oggi si è avuto il secondo, con Gioconda De Vito. Il Trio di Trieste si produrrà nel concerto dopodomani e l'orchestra d'archi Corelli nell'ultimo, che sarà tenuto entro la prima settimana di febbraio.
Il Circolo artistico di Cortina ha vinto, dunque, la sua battaglia in nome di quella straordinaria forza che si sprigiona dallo spirito e in un ambiente che sembrava il meno adatto. Oggi, nessuno dei giovani ignora la sua esistenza e può accadere che, sugli alti scranni dei bar alla moda, si discuta di problemi agitati, la sera prima, fra le sue mura. E' stata, perciò, una conquista. E’ stata, anzi, quello che dicevamo prima: il punto fermo collocato a conclusione di un periodo.
La piattaforma MQUADRO è stata progettata nell’ambito della tesi M.A.P. (Museums Accessibility Platform) di Stefania Zardini Lacedelli, laureanda in Economia delle Arti e della Cultura presso l’Università Cà Foscari di Venezia. Il progetto di tesi è stato selezionato dalla Venice International University per un periodo di ricerca presso l’ISIS Lab della Duke University, sotto la supervisione della Prof.ssa Victoria Szabo.
Regole d'Ampezzo - Via Mons. P. Frenademez, 1 - I-32043 Cortina d'Ampezzo - Codice fiscale e partita IVA 00065330250